Modulo 2.10 – Richard Coudenhove-Kalergi e Paneuropa
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Modulo 2.10 – Richard Coudenhove-Kalergi e Paneuropa
Accanto alla figura di Winston Churchill, ci furono altri importanti protagonisti dell’europeismo nel secondo dopoguerra. Tra questi vale la pena citare Richard Coudenhove-Kalergi.
Cosmopolita, di madre giapponese e padre tedesco, individuò in un’Europa unita in una federazione – Paneuropa – l’antidoto contro il decadimento della continente e l’esplosione di un nuovo conflitto. Nel 1923 fondò l’Unione Paneuropea – un movimento europeista apartitico che mirava a unificare l’Europa – ottenendo grande e graduale sostegno in Europa e negli USA. Prese dunque forma l’idea di un Congresso europeo – poi Unione Parlamentare europea – composto dai rappresentanti democraticamente eletti da ciascuno Stato, favorevoli all’idea di federazione europea. Per meglio individuarli, nel 1946-1947 furono inviati a oltre 4000 parlamentari di 12 stati europei un questionario in cui si chiedeva, con una domanda, se il deputato fosse favorevole all’idea di una federazione europea.

Il questionario ebbe un enorme successo (90% dei responsi furono favorevoli alla federazione) e il gruppo italiano fu il più numeroso e variegato dal punto di vista politico, anche se lentamente iniziarono i dissensi. Dopo la formazione dei Comitati Parlamentari in ciascuno Stato, fu convocato un Congresso europeo, una specie di Parlamento europeo, per decidere istituzioni e statuti della nuova Europa. Il 4 e 5 giugno 1947 i Comitati parlamentari di Kalergi si riunirono con grande entusiasmo in questo primo “parlamento europeo” a Gstaad ma i dissapori al di fuori dei Comitati parlamentari si fecero sempre più forti a causa di visioni non unitarie.
Tra i deputati italiani dell’Assemblea Costituente fu Enzo Giacchero a dare seguito a questo progetto creando il Comitato Parlamentare Italiano per l’Unione Europea. Durante la conferenza a Gstaad, l’8 settembre 1947, Giacchero pronunciò queste parole:
“Marciamo uniti verso un mondo di pace, di lavoro, di lealtà e di benessere. Dipende da noi il realizzarlo. I nostri figli e i nostri nipoti attendono da noi la pace o la guerra. Allontaniamo da essi l’amaro calice della guerra che noi dovemmo bere fino alla feccia. Diamo loro la dolce pace. Dio benedirà la nostra opera. Dalle rovine e dalle distruzioni e dal dolore che noi abbiamo patito, sorga un mondo nuovo in cui l’Europa non più divisa da odii insensati e da egoismi ciechi, ma unita nella comprensione e nel lavoro possa ancora scrivere a mezzo dei suoi figli migliori, pagine immortali”.